Dicono di lui




















I tempi sono cambiati, il mondo si è trasformato: in una società sempre più arresa alla violenza della criminalità, del potere, del consumismo, il fanciullino pascoliano ha ancora diritto di cittadinanza, dentro di noi? E come può difendersi, o reclamare - e pretendere - la propria necessità di sopravvivenza? Forse, modificandosi a sua volta, e assumendo le sembianze più inquietanti e ambigue, pur nella loro apparente innocenza, d'un bambolotto di celluloide.
E' questo il senso, credo, dell'operazione compiuta da Gaetano Rancatore. O per lo meno è stato questo il significato, magari del tutto personale, che m'è venuto di attribuire con spontanea instintiva immediatezza ai suoi quadri e disegni appena mi ci sono trovato di fronte. E ho subito pensato, anche per una strana (non poi tanto) associazione di idee, che questa singolare galleria di falsi bambini, o di bambini artificiali, di bambini - giocattolo (di bambini-oggetto), non dispiacerebbe all'americano Stephen King, un narratore con molta superficialità etichettato da una facile critica come abile e fortunato autore di romanzi horror quasi sempre involgariti - salvo qualche caso- dalla puntuale trasposizione cinematografica, laddove egli è più semplicemente, e più drammaticamente, scrittore che dà vita e voce a certi nostri incubi, e a certe nostre pulsioni o repressioni.
Di suo Rancatore, pittore colto e macerato ch'è già passato nella costante ricerca del suo lavoro per diversi cicli o esperienze, immette questi bambolotti, elevandoli al grado di protagonisti, sia nella rivisitazione d'antichi miti e storie (la nascita di Venere; il giudizio di Paride; il Centauro Chirone; Giuditta e Oloferne; la Crocifissione, ecc...), sia nella citazione esplicita a non dire, addirittura, provocatoria di classici della pittura (Bosch, Caravaggio, De Chirico), e non disdegna in talune opere di spingersi sino alla confessione autobiografica.
Ne deriva, all'insieme, una sorta di straniamento e allo stesso tempo di coinvolgimento (e non sembri una contraddizione in termini), che tuttavia attraverso una corposa eleganza figurativa e una sottesa nota d'ironia mitiga quel gusto della simbologia onirica tipica di molti surrealisti di un ammicco quasi di complicità più che in una testimonianza di allarme e rende, in ogni caso, così personale il suo lavoro.

(Michele Prisco, vincitore del Premio Strega 1966)

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Un pittore come Gaetano Rancatore che adopera il pennello come la bacchetta di un direttore d'orchestra e che controlla ogni nota coloristica della sua tavolozza meriterebbe, solo per questo, d'essere considerato un artista autentico. Senonchè, a lui non basta la conoscenza del mestiere e la consapevolezza di possedere quella naturale sensibilità e quel buon gusto indispensabili alla creazione di qualsiasi opera d'arte, ma comprende come un vero artista del ventunesimo secolo che non può fingere di non vedere la mutata realtà che lo circonda e la cultura del suo tempo.
Personalmente, non mi interessa sapere chi lo ha ispirato, e guardando le sue tele ho cercato d'immaginare il suo mondo, di riconoscere le sue immagini, cercando una loro aderenza alle parole pronunciate dall'artista nel corso della nostra conversazione. La pittura di Gaetano Rancatore è in primo luogo una naturale scelta  e, in secondo luogo, una tendenza naturale. E' una scelta perchè è l'approdo naturale di un uomo che ha letto e studiato a fondo storie di immagini  di una letteratura e pittura che hanno riempito interi secoli. E' una tendenza naturale perchè per un siciliano come lui colori, suoni, favole e racconti sono un insopprimibile esigenza dello spirito. Colore e forma, i mezzi per esporre la sua ricerca, la naturale creazione e comprensione dei vari aspetti della vita stessa.
Figure, scorci di paesaggi, case e vicoli decritti in ogni minimo particolare, ma anche e sopratutto bambini-bambolotti, telefoni e conchiglie, libri e mongolfiere: un mondo pittorico costellato di simboli, metafore e allusioni immersi nella luce solare della penisola sorrentina.
Dicevo di bambini-bambolotti, un tema inquietante per la sua valenza edipica, quasi sempre presente nelle sue ultime tele e che andrebbe indagato se non altro per scorpire l'inconscio dell'artista che ha pensato per immagini surreali, portando in tal modo in superficie i suoi contenuti più profondi in simboli, le cui radici affondano nei suoi stessi sentimenti e nelle sue emozioni di uomo moderno, civilizzato e romantico.

(Domenico Rea, vincitore del Premio Strega 1993)

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Gaetano Rancatore e' l'uomo dei sogni misteriosi. La sua, anche se tra scenari sontuosi, e' la pittura del silenzio, dell'attesa, dell'arcano, dell'inconscio, dei dubbi - di cui nessun vero artista e' esente- dell'angoscia attraverso i suoi putti che veleggiano tra statue classiche distese e dormienti, tra specchi magici, fiori oramai non più aulenti, orologi che non accompagnano più le ore. Il disegno e' quello di un autentico maestro ed è' coerente con la sua cultura classica raffinata da una prorompente fantasia per cui questa sua pittura approda ad un realismo di notevole levatura: il suo "Gemona" 1976, per la sua drammatica interpretazione, e' un pezzo da museo. Rancatore, tra sogni e colori che fermano i suoi simboli, descrive la crisi dell'uomo moderno, la caducità' delle cose, l'ambiguità del potere, la fugace stagione della bellezza, il disfacimento delle certezze e col totale mestiere della pittura simbolica svolge un discorso fabulistico che si scontra con la drammaticità della vita d'ogni giorno. Un pittura, quindi, che fa cultura in modo severo e, per certi versi, dissacratori a anche nella dolcezza delle forme sotto il peso di un mistero: una pittura che scava nell'intimo, che spinge ad esami interiori, che impone una meditazione: in una parola, che lascia il segno per inestinguibili ricordi.

(Raffaele Ricciardi, giornalista RAI)

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Caro grande Maestro Gaetano Rancatore, lei è un pittore che sa far muovere le tele, è un artista ricco di arte e di cultura, le Sue opere sono passi di musica per come sono in continuo movimento, la materialità mi ha fatto scoprire un artista di talento e grazie per il suo pensiero, la Sua Sorrento è nelle Sue opere palpitante. Come Cattolico le auguro bene e successi nell'arte, c'è gran bisogno di artisti come Lei.

(Augusto Giordano, giornalista RAI)

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